Grottammare

Origini

L’origine storica di Grottammare è stata oggetto di discussioni e diatribe, a partire dall’ubicazione originaria della cittadina rivierasca.

Due sono le ipotesi più attendibili sul luogo di origine di Grottammare; la prima è quella che si fonda sull’esame dei resti del tempio di una divinità pagana, la dea Cupra, che sono stati rinvenuti a circa un chilometro a sud-ovest del torrente Tesino, là dove ora si erge la medievale chiesa di San Martino.

In quest’ultima sono attualmente conservati i resti del sacrario pagano e insieme a essi, murata in un pilastro, c’è una lapide marmorea che attesta la ricostruzione dell’antichissimo tempio operata dalla munificentia dell’imperatore Adriano nel II secolo d.C.

L’altra ipotesi sull’origine di Grottammare si riallaccia alla presenza di alcuni ruderi di un antico pagus (villaggio), che con il nome di Pater-Janus sarebbe stato edificato lungo l’antichissima strada che in tempi preromani conduceva a Fermo, sull’attuale colle delle Quaglie.

Tale remoto insediamento è confermato dal rinvenimento di alcuni ruderi di massicciato (opus incertum), di fondamenta di una chiesa di cui si fa menzione per la prima volta nel 1480 parlando di una Curte San Paterniani e, più a nord, di resti di un sepolcreto romano (o anteriore) e più a sud di uno cristiano.

Non è facile stabilire dove sia effettivamente stato il primo nucleo abitativo.

Grupte – Subportica

Grottammare appare per la prima volta nei primi anni del secolo X con il nome Grocte o Grupte, e più tardi, Cripte o Grupte a mare; nei secoli precedenti invece il luogo era indicato con il nome di Castello Supportica o Subportica.

La questione relativa alla presenza di due nomi diversi per indicare uno stesso luogo è stata risolta dagli storici locali scoprendo che le due denominazioni non indicano la stessa località bensì si riferiscono a due castelli limitrofi che sono coesistiti sul colle; anzi, in base alla struttura orografica della zona, si può parlare di due piccole aree urbane adiacenti che hanno assolto a due diverse funzioni.

Molto probabilmente sono stati proprio gli abitanti di Supportica a costruire il castello di Grupte a scopo difensivo e a rifugiarvisi durante le incursioni saracene.

Cessione a Fermo

Dopo epoche di autonomia politica alternate a soggezione della Santa Sede; nel 1259, il re Manfredi cedette definitivamente il paese «cum suo porto» a Fermo.

La particolare posizione del luogo, la notevole fertilità del suolo, la spiccata operosità degli abitanti fecero sì che Fermo considerasse Grottammare come il più importante degli otto castelli di prima classe sui quali aveva giurisdizione.

La storia di Grottammare, dopo la sua cessione alla città di Fermo, ricalca quella di molti altri centri dell’Italia che si trovano coinvolti nei frequenti e disastrosi passaggi di eserciti, nella guerra fratricida di città limitrofe e nelle scorrerie di pirati turchi, corsari inglesi, ecc….

Fu proprio in seguito ad una pericolosa incursione e temporanea occupazione del paese ad opera dei pirati nel 1525, che Grottammare fu completamente circondata di mura, fortificata nelle porte, rafforzata con un torrione detto «della battaglia», posto a fianco di Porta Marina e in esatta corrispondenza con il sottostante porto, in modo da poter rispondere adeguatamente con i nuovi cannoni ad altre eventuali incursioni nemiche.

Papa Sisto V

Il 13 Dicembre 1521, nel luogo dove oggi sorge la Chiesa di Santa Lucia, nacque Felice Peretti, passato alla storia come Papa Sisto V.

Dell’illustre Papa si ricorda la lotta al banditismo, la sua rigorosa moralizzazione dei costumi, l’opera di abbellimento di Roma.

Per sua iniziativa venne costruita la celeberrima Biblioteca Vaticana.

Inoltre, con l’opera dell’architetto Fontana, riuscì a far innalzare in Piazza San Pietro il famoso obelisco di granito.

La storia di Grottammare è fortemente legata a questa importante figura che, con la sua influenza e quella della sorella Camilla Peretti, ha contribuito ad apportarle benefici e notorietà.

Grottammare continuò a godere di molto prestigio in tutta la zona grazie al suo attivissimo porto che, oltre ad avere funzione difensiva, nel 1643 fu scelto come sede per un ufficio governativo che controllava gli imbarchi e gli sbarchi nelle spiagge di San Benedetto, Cupra e Pedaso.

Regno d’Italia

Durante il regno d’Italia, proclamato da Napoleone Bonaparte nel 1804, Grottammare fu dichiarata «giudicatura di pace» e alle sue dipendenze c’erano anche San Benedetto, Acquaviva e Monteprandone, che però Leone XII nel 1827 assegnò al «mandamento» di San Benedetto.

Dal 1799 al 1817 Cupra Marittima fu frazione di Grottammare e in questo periodo, grazie al blocco continentale cui fu soggetto Napoleone che aveva prodotto un rincaro altissimo nei noli dei trasporti, il commercio attraverso il suo porto ebbe un’espansione notevole.

Dopo la sconfitta napoleonica del 1815, si ebbe un periodo di crisi ed un notevole abbassamento demografico; solo grazie all’installazione di nuove fabbriche nella seconda metà del 1800 il momento difficile venne superato.

Garibaldi

Nel 1848- 49 Garibaldi fu ospitato a Grottammare e vi fece nuovi proseliti; ormai maturi i tempi, il paese insorse nel settembre del 1860 con gli altri centri vicini e furono fatti prigionieri 500 soldati pontifici.

Pochi giorni dopo, il paese accolse Vittorio Emanuele II che ricevette la commissione partenopea venuta a porgergli l’offerta formale del Regno delle Due Sicilie.

Nel 1910, per ricordare tale avvenimento, fu eretto nell’attuale pineta Ricciotti un monumento detto «dell’Annessione», che simboleggia la sottomissione e l’adesione del popolo partenopeo, affrancato dalla dominazione borbonica, al nuovo regno d’Italia.

La Grottammare attuale si è estesa sul metro datole dall’Augustoni ed il continuo arretramento del mare ha permesso la formazione di rigogliose pinete che si affiancano alla ferrovia.

Il 1900

Successivamente, agli inizi del Novecento, sono stati costruiti a ridosso del litorale, da ricche famiglie di villeggianti che avevano scelto questo luogo come loro stabile dimora estiva, numerosi e graziosi villini liberty, tra i quali citiamo Villa Trento, dove un tempo sorgeva la raffineria degli zuccheri.

In seguito Grottammare fu abbellita con lo splendido viale di palme e di oleandri che offre al turista, nella bella stagione, quel contrasto di colori che dall’azzurro intenso delle acque all’orizzonte sfuma in tonalità più chiare sulla battigia, si mescola con il colore avorio di un manto sabbioso estremamente sottile e si fonde con il verde cupo della pineta, interrotto qua e là dai ciuffi rosa e bianchi degli oleandri in fiore.

Torrione della Battaglia (XVI sec.)

Il sistema murario

Il Torrione della Battaglia risale alla metà del XVI secolo ed è inserito nella cinta muraria costruita quando, dopo l’invasione e il saccheggio dei pirati di Dulcigno, nel 1525, le vecchie mura furono rafforzate da una nuova cinta fortificata.

Secondo la tradizione anche il padre di papa Sisto V Peretti, collaborò alla costruzione del torrione.

Le nuove mura erano accessibili da tre porte: Porta Marina a est e Porta Castello a ovest, ancora visibili, e Porta Maggiore a sud, andata distrutta.

Dei resti di questa porta si possono ancora vedere nei pressi del lavatoio pubblico.
Le mura si conservano per alcuni tratti a est e a sud-est.

Più a nord è situata una torre a pianta quadrata impostata su un basamento a scarpa, priva di strutture di collegamento con le mura urbiche e realizzata probabilmente tra XV e XVI secolo, secondo quanto suggerisce la tipologia del paramento murario.

All’interno presenta due vasche comunicanti con acqua sorgiva.
Il Torrione della Battaglia era collocato in corrispondenza dell’antico porto, oggi insabbiato, per rispondere meglio alle aggressioni e a difesa di Porta Marina.

La sommità del colle presenta ancora i resti della fortificazione precedente a quella cui è annesso il torrione.
Il sistema murario più antico può essere datato al IX-X secolo, con strutture murarie del XII-XIII secolo probabilmente dovute al restauro concesso dal Cardinale Ranieri nel 1248.

Il Castello (ca. IX-XIII sec.)

Origine dell’insediamento di Grottammare

Le fonti riportano notizie relative all’insediamento sul colle a partire dall’XI secolo, ma la sua origine deve essere collocata a un periodo precedente, forse tra l’VIII e il IX secolo, in seguito alla costruzione della curtes di San Martino da parte dei monaci farfensi.

Infatti l’abbazia farfense costituiva il centro sociale e economico di un ampio territorio, che i monaci avevano fortificato con mura e torri per difenderlo dalle incursioni saracene e che, da un documento dell’ XI secolo, sappiamo che comprendeva ampi territori a destra e a sinistra del fiume Tesino.

Storia

Le fortificazioni del paese alto presentano due diversi momenti edilizi: la zona più in alto, che corrisponde al più antico insediamento e, adiacente a questa, sulle pendici del colle, lo stanziamento più recente.

Il sistema murario più antico è di incerta datazione: secondo fonti archivistiche potrebbe risalire al IX-X secolo, con elementi murari del XII-XIII secolo, forse ascrivibili a un restauro concesso dal Cardinale Ranieri nel 1248, come è riportato in un documento citato in una guida del XIX secolo.

Al XV-XVI secolo risale la seconda fase costruttiva, con il Torrione della Battaglia, quando le mura erano accessibili attraverso tre porte, Porta Marina a est, Porta Castello a ovest e Porta Maggiore a sud.

Il castello era completato da una torre che fungeva da faro che si trovava nel punto più alto della rocca. La torre-faro, probabilmente arricchita da un orologio, aveva forma cilindrica e si sviluppava su tre piani; nel 1766 fu in parte demolita perché pericolante e nei primissimi anni del XIX secolo venne abbattuta anche la porzione restante.

Teatro dell’Arancio (XVIII sec.)

Il teatro dell’Arancio deriva il suo nome dalla rigogliosa pianta che era collocata al centro della piazza antistante ed era custodita da un incaricato del comune, scelto ogni anno tra le famiglie del paese, che riceveva come compenso l’esenzione dalla tassa comunale sui fuochi domestici.

Il Teatro dell’Arancio è uno dei settantatré teatri storici presenti nelle Marche, sedici dei quali si trovano nella provincia di Ascoli Piceno.
Infatti dalla fine del XVIII secolo le Marche sono state interessate da una diffusione capillare dei teatri, che ha interessato non solo i grandi, ma anche i piccoli centri.

Le motivazioni risiedono soprattutto nel benessere economico, dovuto per lo più alle rendite agricole e all’apertura del porto franco di Ancona, raggiunto nel corso del XVIII secolo dalle classi dominanti, che vedevano nella realizzazione dei teatri l’ostentazione del ruolo economico e sociale raggiunto e la possibilità di imitare la vita di relazione dei grandi centri urbani.

Anche la filosofia illuminista, penetrando nelle classi più colte, favoriva il gusto per lo spettacolo e la creazione di strutture stabili per il teatro.

La costruzione dei teatri era realizzata secondo una formula che può essere considerata tipicamente marchigiana, anche se non mancano esempi in Emilia e in Romagna: era affidata a Società Condominiali, nelle quali si riunivano le famiglie dei ceti abbienti del paese, che sostenevano le spese per la costruzione e acquistavano dei palchi per assistere agli spettacoli, e in molti casi erano partecipate anche dal comune che contribuiva in modo significativo alla realizzazione.


Piazza Peretti

La piazza trasmette una particolare atmosfera e suggestione, sia per i suoi colori, definiti dalla prevalenza del laterizio e del selciato, sia per il suo impianto.

È il centro dell’antico borgo e accentra intorno al suo spazio i principali edifici pubblici del vecchio comune: la chiesa di San Giovanni Battista, il palazzo comunale, il teatro dell’Arancio, la torre civica.

Nel lato settentrionale della piazza, di fronte all’antico palazzo comunale, si trova la struttura che ospitava il convento. Questi edifici, con le logge, le porte, le vie che si aprono tra le case, determinano la struttura e la molteplicità di prospettive della piazza, delimitandone e dilatandone lo spazio come in una scena del teatro classico.

LA CHIESA DI SAN MARTINO (Ca. VIII-IX sec.)

La chiesa di San Martino è tra le più antiche abbazie della provincia di Ascoli Piceno.

Venne fondata dai monaci benedettini dell’abbazia di Farfa probabilmente tra l’VIII e il IX secolo.
La notizia più antica relativa alla chiesa, che rivela che a quel tempo esisteva già un complesso ben organizzato, è tratta dal Cronicon farfense e risale al X secolo, quando l’abate Ildebrando di Santa Vittoria in Matenano dona illegalmente al figlio Alberto i possedimenti di San Martino, definendoli «curtem Santi Martini».

Un documento dell’anno 1030 testimonia che il castaldo Trasmondo vende al vescovo di Fermo Uberto il complesso di San Martino, definendolo «Monasterium», e i diritti ad esso pertinenti.

Al momento della sua fondazione l’abbazia di San Martino godeva di ampi territori, che gli furono riconfermati nel 1193 dall’imperatore Enrico VI: ciò dimostra che l’abbazia era il centro giurisdizionale e religioso di tutta l’area.

Secondo alcune teorie l’abbazia fu costruita sui resti del tempio della dea Cupra, costruito dalle popolazioni picene e restaurato dall’imperatore Adriano nel 127 d.C.
Del complesso medievale di San Martino si è conservata la chiesa in un restauro del XVI secolo.

Papa Alessandro III

Secondo la tradizione, verso la fine di giugno del 1175, papa Alessandro III, mentre si recava con una flottiglia di navi a Venezia, fu costretto a sbarcare nel porto di Grottammare, per ripararsi da un violento temporale.
Qui venne accolto dai monaci di San Martino e da una folla festosa.

Il Pontefice colpito da così grande dimostrazione di affetto decretò un’indulgenza plenaria che si poteva ottenere, visitando l’abbazia, ogniqualvolta il primo luglio fosse caduto di domenica.

Da questa tradizione trae origine la Sagra Giubilare, che tuttora si celebra nella chiesa.

L’indulgenza è stata riconfermata da Pio VII, nel 1803, e ancora nel 1973, quindi Grottammare è una delle poche città ad avere questo privilegio.

Villino Matricardi (1913)

Lo sviluppo balneare e urbanistico

Il villino Matricardi si inserisce nell’intensa attività edilizia che si manifestò a Grottammare tra XIX e XX secolo nella zona a ridosso del lungomare, con la realizzazione di villini sia residenziali sia, per lo più, di villeggiatura.

Il Villino Matricardi, che presenta nelle sue decorazioni molti richiami al liberty, fu progettato dall’architetto Cesare Bazzani (Roma 1873-1939), membro del Consiglio Superiore delle Belle Arti, che in quegli anni era impegnato nel progetto del Palazzo della Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno, in collaborazione con lo stesso ingegnere Matricardi.

Bazzani riuscì a connotare in modo particolare e originale l’edificio attraverso la decorazione con le maioliche prodotte dal proprietario della villa.

Le maioliche decorative esterne furono dipinte su disegno di Adolfo De Carolis che in questi anni collaborava con la manifattura di ceramiche di Giuseppe Matricardi, mostrando in questo modo una grande attenzione per le arti applicate.

Interni

L’interno della villa presenta delle decorazioni delle pareti e del soffitto nel soggiorno e nella sala da pranzo, al piano terra, con motivi floreali e faunistici, probabilmente realizzate dal pittore Egidio Coppola (Ripi 1852-Ascoli Piceno 1929).

Elemento importantissimo è il giardino, che si apre verso il mare: è separato dalla spiaggia da una semplice inferriata e si ispira al parco romantico, con la sua struttura asimmetrica e volutamente casuale, che gli conferisce un aspetto apparentemente disordinato di influenza preraffaellita.

La vegetazione è quella tipica della macchia mediterranea: pini, lecci, siepi di pitosforo, alloro, oleandri e palme.

SACRA GIUBILARE

La sua tradizione affonda nei secoli: già l’umanista Giovanni Garzoni nel 1447 ricordava che una immensa moltitudine di persone si radunava presso la Chiesa di San Martino per soddisfare un voto.

La Sacra rievoca lo sbarco di fortuna di Papa Alessandro III sul litorale Grottammarese avvenuto a causa di una terribile tempesta nel 1175.

I monaci Benedettini Camaldolesi che in quel tempo avevano la cura del beneficio di S. Martino, invitarono il papa a trattenersi sino al 1° luglio per assistere ai tradizionali festeggiamenti che la popolazione picena era usa celebrare a ricordo di antichissime costumanze locali.

Il concorso di folla fu imponente: migliaia e migliaia di persone convennero dalle più remote contrade della regione e per il fervore religioso stupirono a tal punto Alessandro III che questi, commosso e ammirato, toltosi il camauro e riempitolo di sabbia, proclamò: «Tante indulgenze saranno concesse ad ogni pellegrino, quanti sono i granelli di sabbia qui contenuti».

Indulgenza Plenaria

Da quel fatidico anno 1175, allorché il 1° luglio cade di domenica, migliaia di pellegrini accorrono alla chiesa di S. Martino per lucrare l’indulgenza plenaria, pari a quella goduta dai fedeli di tutto il mondo in occasione dell’Anno Santo.

La solennità della Sacra, che richiama migliaia di turisti e fedeli, prevede una serie di manifestazioni civili e religiose che si susseguiranno per i 15 giorni utili a lucrare l’indulgenza, dal 24 giugno all’8 luglio, e per tutto il periodo estivo.

Il cartellone presenterà una serie di iniziative dedicate a questa importante manifestazione, il cui evento più spettacolare sarà il corteo storico, composto da circa trecento elementi in costumi rigorosamente duecenteschi e articolato in varie sezioni.

Il Corteo

Il corteo della Sacra consiste in una rappresentazione storica che accomuna popolani, cavalieri, chierici e nobili in un unico quadro della società del 1200.

Ogni figurante porta con sé un tratto di quegli antenati che all’epoca popolavano il territorio di Grottammare, offrendoci uno spaccato di quel lontano periodo.
Saranno coinvolte nella sfilata circa trecento persone, vestite con riproduzioni fedeli degli abiti dell’epoca.

La rievocazione rispetterà fedelmente il protocollo di corteo, divenuto nei secoli norma delle celebrazioni: apriranno il corteo i suonatori di tamburi e di chiarine, seguiti dal corteo papale composto dagli armati semplici e dai templari a piedi e a cavallo.

Seguiranno il papa e la barca papale che simboleggia lo sbarco di Alessandro III sulle coste del paese, con al seguito la nobiltà ecclesiale dei cardinali, monaci e frati che lo accolsero nella chiesa di San Martino.

Al corteo papale faranno seguito gli stendardi dei quattro quartieri antichi di Grottammare, ciascuno accompagnato dai rispettivi nobili, dame e damigelle.

A seguire il popolo in festa ovvero i pescatori, artigiani, boscaioli, contadini, tessitrici e vasai, accompagnati da musici e giocolieri che animeranno la sfilata.

FESTA DI SAN PATERNIANO

Grottammare festeggia il suo Santo Patrono, il 10 luglio, a partire dal 1571.
S. Paterniano nacque, secondo la tradizione, a Fano nel 275 d.C. e vi morì nell’anno 360, ma solo nel 1623 la sua città natale lo elesse Patrono.

A Grottammare il culto del santo è sicuramente antico, oltre che molto vivo e sentito, come è testimoniato dall’impegno e dalla spesa che la comunità cittadina dedicava ai festeggiamenti in onore del santo fin dai secoli passati.

Il momento culminante dei festeggiamenti si ha, dopo la Messa Solenne concelebrata dai parroci di Grottammare e la processione per le vie del paese con il simulacro di S. Paterniano, con lo sparo di numerosi mortaretti.

Il rumore provocato da questi scoppi avrebbe, secondo una antica tradizione, la proprietà di “rompere le nuvole” e quindi di scongiurare le devastanti grandinate estive che metterebbero a rischio le colture della zona.

Che sia solo una diceria, non ne siamo sicuri ma proprio il 10 luglio sono avvenute a Grottammare le grandinate più straordinarie, quelle poche volte che i festeggiamenti non sono stati all’altezza.